venerdì 9 ottobre 2015

9 Ottobre 1965... Non capivo perché mia madre dovesse andar via, non capivo cosa fosse quella valigia, quei vestitini da neonato. Non capivo neanche le rassicurazioni di mia nonna. Nonno mi prese in braccio, e mi disse che quella sera mi avrebbe letto di nuovo la striscia di fumetti sul quotidiano che leggeva. Ed io piangevo, non volevo che mamma uscisse di casa. Mio padre mi chiese che regalo volessi, e che me lo avrebbe portato la sorellina o il fratellino che doveva nascere. Ma io, testarda come un mulo, mi impuntavo, dicendo che alla cicogna potevano dare benissimo il nostro indirizzo, senza posarsi chissà dove. Fra lacrime e promesse mi addormentai sfinita tra le braccia di mio nonno, in un sonno profondo come solo sa essere quello di una bambina di cinque anni. Prima di chiudere gli occhi, ripetevo a me stessa che ci fosse qualcosa che non mi quadrava, non mi quadrava affatto. Dormii finchè non fu proprio mio papà a svegliarmi. me lo ricordo bene il sorriso e la faccia di mio padre: il completo grigio, il gilet bordeaux, la sua cravatta. Sorrideva felice, il volto disteso, nonostante l' attesa lungo i corridoi di Villa Bianca.
"E' nata, sai, è una sorellina. Ti piace il nome Roberta?" Chiusi gli occhi di nuovo, ora tutto mi appariva più chiaro